Grande scalpore ha suscitato il “mea culpa” del FMI sulla gestione della Crisi greca, anche se “Il Paese non ha rispettato tre dei quattro criteri necessari per ricevere aiuti” puntualizzano.
Certamente le proiezioni sul PIL greco fatte dalla Trojka, su cui si basavano le imposte ricette a base di austerity intransigente, si sono rivelate ogni volta ottimistiche:
L’errore si protrae, visto che proprio oggi l’ufficio di statistica di Atene ha comunicato il PIL del primo trimestre 2013 (-5,6%) ancora una volta peggiore delle aspettative.
Questo è accaduto perché è stato sottistimato l’impatto recessivo dei tagli (ovvero è stata sottostimata la dimensione dei moltiplicatori fiscali) e perché una stima “ottimistica” era funzionale a far digerire il modello di bailout.
Ma è anche successo perché nel 2010 ci si è ostinati a protrarre il problema, baloccandosi fra finanziamenti-ponte dell’EFSF e acquisti della BCE, mentre alcune voci -tra cui questo umile blog– suggerivano di affrontare il default greco al più presto, gestendo il problema finché era piccolo. Peraltro nell’occasione di questo video, oltre a parlare di Grecia, avvisavo del futuro aumento dei rendimenti sui BTP, cosa che spero possa essere risultata utile a qualcuno considerato che eravamo a dicembre del 2010 e qualche mese dopo “spread” è diventata la parola più celebre d’Italia.
Il risultato della perdita di tempo, dopo aver gestito il rischio “fuggitivo“, è stato un default concertato nell’ottobre del 2011, con danni molto più grandi per i piccoli risparmiatori.
La partita poteva chiudersi prima e meglio (dividendo il peso del problema anche sui creditori, agosto 2010), ma ciò non è accaduto.
BCE e Commissione UE, in ogni caso, continuano a ribadire che -per quanto dolorosa- la strada scelta sia la meno peggio. Questo è il parere di Mario Draghi:
“Guardiamo al presente: la Grecia ha attuato un processo di aggiustamento straordinario che è stato deciso e guidato dal Governo ellenico. Dobbiamo riconoscere i progressi fatti dal Paese che, se si guarda soltanto a pochi anni fa, sarebbero stati impensabili. Se questo documento dell’Fmi, oltre a fare un mea culpa, identifica anche le ragioni di eventuali errori, dovremo tenerne conto in futuro, ma si tratta prevalentemente di errori a livello di proiezioni, perché non si possono giudicare cose successe nel passato con gli occhi di oggi. Non possiamo dimenticare che la situazione allora era molto peggiore, c’era timore di contagio e una volatilità molto elevata, questo è stato il periodo dal quale ha avuto inizio la frammentazione dei mercati dell’Eurozona. E’, invece, necessario tenere conto degli straordinari progressi e delle cose positive decise da allora”.
Mentre la Commissione ha ribadito, per bocca del portavoce del commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn, di essere
“in fondamentale disaccordo con il Fmi sul rapporto di valutazione dei risultati del primo piano di aiuti alla Grecia del 2010 perché non tiene conto dell’interconnessione tra i Paesi della zona euro e del fatto che la crisi greca era una situazione difficile senza precedenti. Il Fmi ha fatto una specie di ‘mea culpa’ concludendo che erano stati fatti dei grandi errori nella gestione del salvataggio del Paese criticando anche l’approccio della Commissione europea. Secondo il Fondo monetario internazionale la ristrutturazione del debito greco che è stata decisa nella primavera 2012 avrebbe dovuto essere fatta nel 2010. Ma una ristrutturazione del debito allora avrebbe comportato il rischio di un contagio sistemico. Questa era la posizione allora di tutta la Troika (Commissione UE, Bce e Fmi ndBA)”.
Certamente a posteriori ogni giudizio è più facile, il fatto è che manca sempre la controprova di cosa sarebbe successo se le istituzioni avessero ascoltato opinioni non allineate. Un dubbio che, inevitabilmente, dovremo tenerci.

Innegabile che le cose potrebbero anche essere peggiori a fronte di scelte diverse.
Resta il forte dubbio che affamare le persone e chiudere scuole, perché questo è quel che succede in Grecia, abbia ben poco di “straordinario”.
Va bene far tornare i numeri, ma non si campa decentemente di soli conti e l’esperienza Greca lo conferma.
Si torna sempre lì: l’economia non basta, anzi se lasciata sola fa danni e piuttosto grossi.
Draghi parla con lingua biforcuta, l’economia greca è crollata perché più debole delle altre e non ha nessun altro modo di salvarsi le chiappe che quello di uscire dall’euro e tirare a campare. Mi sorprende che osservatori acuti come leggo qui dentro non riescano a leggere la situazione. È chiaro che se non hai soldi, se non sei “produttivo”, sei fuori. Questo sistema necessita di Paesi poveri e di Paesi ricchi, di persone ricche e di persone povere e più si va avanti, peggio sarà. Fino adesso è toccato ad altri, ora sembra essere arrivato il nostro turno. L’elite lo sa bene, sta solo prendendo tempo in attesa che le cose precipitino. A meno di un miracolo, ci sarà una guerra, Israel ha già attaccato postazioni siriane e l’europa ha rotto gli induci e ora, arma i tagliagole jihadisti alla luce del sole. Pensate che ciò non abbia nulla a che fare con la “nostra” crisi, vero? E cosa dovrà succedere allora, secondo voi? Ora che il governo GS 2.0 si presenterà col cappello in mano a bruxelles, per una dose che ci faccia arrivare almeno fino a settembre, poi si vedrà.