Soltanto pochi giorni fa, in un commento ad un post su LTRO, Alessio chiedeva:
se dico “Apple”…… tu, da super appassionato del brand, cosa pensi!?!?!?
La mia risposta fu:
penso che quest’anno sarà molto importante, perché dopo l’interlocutoria uscita dell’iPhone 4s a mio avviso Apple deve dimostrare di saper ancora innovare. Il prezzo dell’azione Apple incorpora il pregiudizio positivo che la società sappia “sbaragliare la concorrenza” con prodotti di massimo gradimento.
Quest’anno dovrebbero uscire iTV, iPhone 5 e iPad 3 (probabilmente si chiamerà iPad HD) ovvero prodotti nuovi o innovazioni (non restyling) di prodotti esistenti, per questo sarà un anno importante.
Inoltre c’è l’annosa questione del dividendo, alla cui distribuzione sono contrario
Questo post, come molti altri in questo blog, lo sto scrivendo con un tablet Apple, e certamente andrò avanti ad utilizzare questi ottimi prodotti. Tuttavia la presentazione dell’iPad HD (previsione sul nome azzeccata) mi ha confermato le sensazioni negative sul futuro dell’azienda. siamo al secondo appuntamento dall’uscita dello “zio” Steve e alla seconda delusione: tutto quello che il nuovo management sa fare é aumentare i pixel, potenziare il processore, incrementare la qualità della fotocamera. E -probabilmente la cosa peggiore- per la fotocamera non si spreca nemmeno a mettere il top, probabilmente per aver pronto un miglioramento per la prossima versione di iPad.
Dov’è finito il coraggio di azzerare tutto e ricominciare daccapo ogni volta? Che fine ha fatto l’ingegno di reinventare gli standard e presentare qualcosa che ancora il pubblico non sa di desiderare? La risposta é triste, la conosco già e la conoscete anche voi.
Ho venduto le mie azioni Apple poco sopra i 400$ e da allora osservo. Tornerò a comprare azioni Apple solo quando vedrò riaccendersi questa luce, quando vedrò Tim Cook sbalordire la platea con un prodotto innovativo, non con il potenziamento di un prodotto esistente. La mucca dà tanto latte, certo. Ma il predecessore di Tim Cook non avrebbe sottratto tempo all’innovazione solo per sedersi sullo sgabello a mungere.
Se Apple continuerà in questa strategia di arroccamento, non servirà molto tempo agli intraprendenti coreani di Samsung per colmare il gap e magari andare anche oltre.
I miss you Steve.

beh, due o tre Clienti come te che oltre utilizzatori siano anche analisti, e la upper shadow si trasformerà in una bella Doji tombale e chi si è visto si è visto.
Mi sa che converrebbe loro mandarti in anteprima gratis ogni novità per comprare il tuo silenzio 🙂
Invece stamane ho letto degli interessi che ha maturato la Germania sulla Grecia per il prestito col quale si son comprati bombe.
Ma mi stavo chiedendo…ai greci servono bombe ?
Almeno gli avessero mandato BMW o Mercedes, se noon altro le usavano ! O magari crauti in scatola e wurstel.
Guardando invece il grafico, si vede chiaramente che il primo ramo della parabola, quello ascendente, sembra quasi completato.
Forse, ogni tanto, l’analisi tecnica va d’accordo con quella fondamentale.
I miei amici traders dicono che le notizie le fanno uscire in base all’analisi tecnica, questo mi sembra eccessivo, ciò non toglie che la morte dell’ideatore era annunciata, quindi … mi sembra che tutto quadri.
Bah, non credo che il povero Steve Lavori se ne sia andato senza lasciare una scaletta delle cose da fare
ma.. a livello di telefono direi che samsung ha già abbondantemente colmato il gap e superato apple. A questi prezzi c’è solo da vendere e ricomprare fra qualche centinaio di dollari più in basso (almeno 200 se non 300).
Commentando il pezzo su rai.it:
“1. la Cina, un cliente sempre più importante per le industrie europee, annuncia una riduzione delle prospettive di crescita”
Questa è una BUONA notizia.
“2. Il neo-Premier Rajoy dichiara che la Spagna non rispetterà gli accordi presi con la UE e “splafonerà” con il deficit (dopo averlo fatto già abbondantemente nel 2011), condendo il tutto con frasi all’insegna della difesa della sovranità nazionale dalle tecnocrazie europee”
Questa è ancora meglio, a patto che GS non mandi un curatore fallimentare anche là.
“3. La Grecia deve ancora dare un esito positivo al piano di scambio “volontario” dei suoi vecchi titoli con nuovi titoli più lunghi, decurtati di valore e con cedole ridotte. Qualora le adesioni non superassero il 90% sarebbe obbligata a far decadere la volontarietà e ad imporre la ristrutturazione. Secondo molti questo causerebbe un default disordinato.”
Mhm, siamo all’ultimo giro. La Grecia è cotta comunque vada la faccenda.
Spero in una rapida disgregazione dell’eurozona e che ognuno si lavi i panni sporchi a casa sua.
È chiedere troppo dalla vita? 😀
@ Guru.
Vedo che continui a pensare di scappare al negrone neyorkese eh eh eh .
Oppure hai seguito il mio consiglio e vi siete visti e piaciuti ? 🙂
@Guru
Cavami una curiosità, ma BA lo contesti anche se fa uno starnuto o un peto in bagno? No perché pensare che apple (un’aziendina brianzola semplice, semplice) possa andare avanti per mesi con le indicazioni di JOBS (che alla fine è stato in famiglia e non in azienda OVVIAMENTE) è affermazione a dir poco comica.
Quanto al resto che scrivi ed al tuo desiderio di disgregazione (che verrà FORTUNATAMENTE disatteso)è semlicemente il frutto di una mente che non sa pensare alle esatte conseguenze di un annientamento della UE.
I panni rischiano di essere lavati nel sangue e certe cose non si augurano mai, anche se si intravedono all’orizzonte.
Questione di umanità, più che di razionalità (comunque assente in quel che scrivi). Per fortuna c’è chi con competenza sta gradualmente “sgonfiando” il sistema a debito. L’alternativa sarebbe devastante, ma questo al calduccio delle nostre casette è difficile da comprendere…
In realtà sembrerebbe che Jobs abbia lasciato a Apple altri 4 anni di progetti da realizzare, tra cui la nuova futuristica sede dell’azienda. Progetti in un modo o nell’altro centrati attorno all’icloud, si dice. con questo certamente non voglio negare le eccenti capacità innovative dell’azienda e nemmeno voglio fare polemiche.
Farei volentieri polemica invece sulla questione dello sgonfiare il debito. Se anche mi si dicesse come, invece che utilizzare sta frase come uno slogan alla capitan schettino (che secondo alcuni avrebbe deliberatamente condotto la nave ad “arenarsi” vicino agli scogli… ) potrei evitare di “agitarmi” ogni volta che sento questa “teoria”.
attendo con curiosità anche solo un indizio.
APPLE
Sbagliero’ di certo ma:
– la forza del marchio vincera’ sulle idee innovative. Oggi fa “figo” avere Apple mentre dubito lo faccia o fara’ avere lo smartphone samsung o simile
– la vera innovazione era stata l’invenzione dell’ i pod (10 anni fa forse) e da li c’e’ stato un miglioramento prodotti ma sulla falsa riga dell’i pod a partire dal nome
– in usa sbaragliano la concorrenza: fa sorridere che sony e microsoft stiano aprendo negozi come quelli apple con la differenza che sono vuoti
– i taxi a manhattan (circa 13000) monteranno ipad a bordo per pagare la corsa o utilizzare servizi a pagamento. I turisti ne saranno affascinati e ce ne sono circa 50 milioni all’anno a manhattan
– le persone che conosco cambiano il pc se non funziona piu’ ma l’ipad o l’ipod o il mac quando esce quello nuovo. Io stesso prendero’ l’hd nonostante il mio sia nuovo
L’azione quotava poco meno di 400 a gennaio, ora 535. Secondo il mio modesto parere e’ una sicurezza (disclosure, non ho azioni apple ahime).
BA ti ho convinto che il marchio puo’ vincere sull’innovazione?
Ciao a tutti
– Voglio il Tuo Profumo –
[IN ONORE delle DONNE, di ALIEN-SAN (che de-PRESS-one, che sei diventato. UP-up-UP che PURE BABBA’ SURE-discol-ETTO-GIANDUIOTTO, Ti sfruculea con la CREMINA da MOKARELLA , stra-AZZ. “NAIN VABBUO'”!] e di JOB (quello è diventato na FISSA in questo MONDO: quale?!)]
Let’s go on …
http://www.youtube.com/watch?v=O6LP7BIMFi0
STEVE-“APULEIO”
Metamorfosi – (Metamorphoseon Libri XI), denominato a volte “L’asino d’oro” (Asinus Aureus), certamente il Suo “capolavoro” (Asino d’oro è il titolo con cui la PRIMA volta Lo indicò Sant’Agostino nel “De Civitate Dei”: ma non si sa se l’aggettivo “aureus” sia stato coniato in riferimento alle doti eccezionali dell’asino, oppure alla qualità artistica del romanzo, oppure ancora al valore di edificazione morale insito nella storia del protagonista).
Il romanzo, opera “stravagante” in 11 Libri, è forse l’adattamento (almeno nei primi 10) di uno scritto di “Luciano di Samosata” di cui non siamo in possesso, ma del quale Ci è pervenuto un “plagio” intitolato “Lucius o L’asino”: si discute se Apuleio abbia seguito il modello solo nella trama principale, o ne abbia ricavato anche le molte digressioni novellistiche tragiche ed erotiche.
Non è improbabile, poi, che sia Apuleio che Luciano abbiano (sia pure con intenti del tutto diversi) rielaborato un’ulteriore “fonte” (CARISSIMI yum-ETTO et PAPEROGA, come leggete e vedete di COPIONI LA STORIA E’ FATTA!), di cui Ci testimonia “Fozio”: ovvero, un’opera intitolata, manco a dirlo, “Metamorfosi”, ed attribuito ad un certo “Lucio di Patre”, il cui canovaccio esteriore è praticamente lo stesso dell’opera del Nostro.
Le “Metamorfosi” di Apuleio gravitano comunque nella tradizione della “milesia”, ma anche in quella del romanzo Greco “contemporaneo”, arricchito però dall’originale e determinante elemento magico e misterico.
Dunque, nell’opera, il magico si alterna con l’epico (nelle storie, ad esempio, dei briganti), col tragico, col comico, in una sperimentazione di generi diversi (ordinati ovviamente in un unico disegno, con un impianto strutturale abbastanza rigoroso), che trova corrispondenza nello “sperimentalismo linguistico”, nella “piena padronanza” di diversi registri, variamente combinati nel “tessuto verbale”: e il tutto in una “lingua”, comunque, decisamente “letteraria”.
La storia narra di un Giovane chiamato Lucio (identificato da Apuleio con lo stesso narratore), appassionato di magia.
Originario di Patrasso, in Grecia, Egli si reca per affari in Tessaglia, Paese delle Streghe.
Là, per caso, si trova ad alloggiare in casa del ricco Milone, la cui Moglie Panfila è ritenuta una “maga”: ha la facoltà di trasformarsi in uccello.
Lucio – avvinto dalla Sua insaziabile “curiositas” – vuole imitarLa e, valendosi dell’aiuto di una servetta, Fotis, accede alla stanza degli unguenti magici della Donna. Ma sbaglia unguento, e viene trasformato in asino, pur conservando coscienza ed intelligenza umana.
Per una simile disgrazia, il rimedio sarebbe semplice (gLi basterebbe mangiare alcune rose), se un concatenarsi straordinario di circostanze non gLi impedisse di scoprire l’antidoto indispensabile.
Rapito da certi Ladri, che hanno fatto irruzione nella casa, durante la notte stessa della metamorfosi, Egli rimane bestia da soma per lunghi mesi, si trova coinvolto in mille avventure, sottoposto ad infinite angherie e “muto” testimone dei più abietti “vizi umani”; in breve, il tema è un comodo pretesto per mettere insieme una miriade di racconti.
Nella caverna dei briganti, Lucio ascolta la lunga e bellissima favola di “Amore e Psiche”, narrata da una Vecchia ad una Fanciulla rapita dai malviventi: la favola racconta appunto l’avventura di Psiche, l’Anima, innamorata di Eros, “dio del desiderio”, uno dei grandi dèmoni dell’Universo Platonico, la quale possiede senza saperLo, nella notte della “propria coscienza”, il dio che Lei ama, e che però smarrisce per curiosità, per ritrovarLo poi nel dolore di un’espiazione che Le fa attraversare tutti gli “elementi” del Mondo).
Sconfitti poi i briganti dal Fidanzato della Fanciulla, Lucio viene liberato, finché – dopo altre peripezie – si trova nella regione di Corinto, dove, sempre sotto forma asinina, si addormenta sulla spiaggia di Cancree; durante la notte di plenilunio, vede apparire in sogno la dea Iside che Lo conforta, gLi annuncia la fine del supplizio e gLi indica dove potrà trovare le benefiche rose.
Il giorno dopo, il miracolo si compie nel corso di una processione di fedeli della dea e Lucio, per riconoscenza, si fa iniziare ai misteri di Iside e Osiride.
L’ultima parte del romanzo (Libro XI), che si svolge in un clima di forte suggestione mistica ed iniziatica, non ha equivalente nel testo del modello Greco.
E’ evidente che è un’aggiunta di Apuleio, al pari della celebre “favola” di Amore e Psiche, che si trova inserita verso la metà dell’opera: centralità decisamente “programmatica”, che fa della stessa quasi un modello in scala ridotta dell’intero percorso narrativo del romanzo, offrendone la “CORRETTA DECODIFICAZIONE”.
Ci si può chiedere se queste aggiunte non servano a spiegare l’intenzione dell’Autore.
In realtà l’episodio di Iside, come quello di Amore e Psiche, ha un evidente significato “religioso”: indubbio nel primo; fortemente probabile nel secondo, interpretato specificamente ora come “mito filosofico di matrice Platonica”, ora come un racconto di iniziazione al “culto iliaco”, ora – ma meno efficacemente – come un “mito cristiano”.
Certo è, comunque, che tutto il romanzo è carico di rimandi simbolici all’itinerario spirituale del “protagonista-autore”: la vicenda di Lucio ha, infatti, indubbiamente valore “allegorica”: rappresenta la caduta e la redenzione dell’Uomo, di cui l’XI Libro è certamente la conclusione religiosa (lo stesso numero dei Libri, 11, sembra del resto far pensare al numero dei giorni richiesti per l’iniziazione misterica, 10 appunto di purificazione e 1 dedicato al rito religioso).
Il tutto farebbe delle “Metamorfosi”, così, un vero e proprio romanzo “mistagogico”, che sembrerebbe invero registrare l’esperienza stessa dello Scrittore.
Romanzo che, tuttavia, qualunque sia la Sua reale intenzione, Ci offre una straordinaria descrizione delle Province dell’Impero al tempo degli Antonini e, in modo particolare, della vita del popolo “minuto”.
Confrontato con quello di Petronio, dà però la curiosa impressione che i personaggi Vi siano osservati a “maggiore distanza”, come in un immenso “affresco” dove si muovono, agitandosi, “innumerevoli comparse”.
Dopo questo “preliminare” d’intenti su Steve-“Apuleio”, arriviamo al vero DIVINO!
Il Libro XI delle Confessioni contiene una “riflessione sul tempo”, tra le più famose nella “Storia della Filosofia”.
Meditando sul primo versetto della Bibbia,
“In principio Dio creò il cielo e la terra”,
Agostino d’Ippona vuole mostrare che Dio non si trova nel tempo, sicché non ha senso chiedersi che cosa egli facesse “prima” di creare.
La natura del tempo, del resto, è “problematica”.
Esso è fatto di passato, presente e futuro; ma come si può dire che esista il passato, se questo non è più, o il futuro, se questo non è ancora?
E il presente, non è tale proprio perché tende a diventare passato, e quindi a non essere più?
Inoltre, se solo il presente esiste, com’è possibile che il tempo abbia una durata, e che questa sia misurabile come più o meno lunga?
La risposta di Sant’Agostino è che il “tempo esiste nell’animo”: il futuro esiste infatti come attesa, il passato come ricordo.
Noi possiamo misurare il tempo perché possiamo misurare l’impressione che le cose, passando, “producono in Noi”.
La durata del tempo si spiega con l’attività della Mente che si “distende”, cioè per così dire si “dilata”, dall’attesa alla memoria tramite l’”attenzione”.
Riporto un paragrafo conclusivo della riflessione Agostiniana.
Tutto il testo, insieme con altri brani sul medesimo argomento, si può leggere nell’Antologia:
Sant’Agostino, Il tempo, Città Nuova, Roma 2007 (Piccola Biblioteca Agostiniana, 43).
37. Ma come diminuirebbe e si consumerebbe il futuro, che ancora non è, e come crescerebbe il passato, che non è più, se non per l’esistenza nello spirito, autore di questa operazione, dei tre momenti dell’attesa, dell’attenzione e della memoria? Così l’oggetto dell’attesa fatto oggetto dell’attenzione passa nella memoria.
Chi nega che il futuro non esiste ancora? Tuttavia esiste già nello spirito l’attesa del futuro.
E chi nega che il passato non esiste più? Tuttavia esiste ancora nello spirito la memoria del passato.
E chi nega che il tempo presente manca di estensione, essendo un punto che passa? Tuttavia perdura l’attenzione, davanti alla quale corre verso la sua scomparsa ciò che vi appare.
Dunque il futuro, inesistente, non è lungo, ma un lungo futuro è l’attesa lunga di un futuro; così non è lungo il passato, inesistente, ma un lungo passato è la memoria lunga di un passato.
s-U-r-f-E-r
Bravo Andrea questa volta mi sei piaciuto molto ed ho postato l’articolo nel mio gruppo FB
http://www.facebook.com/groups/176767475750567/
@sakura
“…l’alternativa sarebbe devastante…”
Dipende dai punti di vista.
Io penso che “l’Europa” sia un progetto sbagliato, è una mia idea, non dico che sia la cosa giusta.
Quando i popoli sono stati chiamati a referendum sulla costituzione europea, s’è visto che molti la pensano come me.
Quindi s’è pensato di bypassare il tutto e risolvere le cose nelle stanze del POTERE.
Vabbè, tu dici che va bene così, è una tua LEGITTIMA idea.
Io, figurati, penso che già l’Italia sia troppo lunga per stare insieme.
Penso che il NORD la dovrebbe smettere di rompere e farsi repubblica per i cavoli suoi.
Penso che i greci dovrebbero tornare a mungere le capre e magari, nei ritagli di tempo, dare una rinfrescata all’acropoli.
Tu invece pensi che un bocconiano da quattro soldi arrivi a risolvere i tuoi problemi.
Ti rispetto, ma la tua idea è balzana almeno quanto la mia.
@yuma
Ebbene sì, ho incontrato il negrone e ci siamo piaciuti; ora vedo il mondo con uno sguardo DIVERSO. 😀
UE’ BABBA’ …
… “le intuizioni più brillanti vengano dalle persone che incontro quando viaggio all’estero” …
http://hbritalia.it/article/683/
… è dei NOSTRI, SURE!
http://www.youtube.com/watch?v=j5YJhr1QdVA&feature=related
TE la SPA-SS-I disco-LETTO!
s-U-r-f-E-r
@surfer
Sul link a Nitin Nohria.
Sì lo so che andare a confutare le tesi de ‘sti cervelloni sembra di essere presuntuosi, ma è uno stadio che ho superato.
Quell’articolo non dice niente, è intriso di una mentalità americanocentrica fuori dal MONDO.
Bla, bla, bla.
Gli ammericani con il fast food, gli OGM, i SUV, le bombe intelligenti… ma ‘ndo voiono andà?
😀
@ Surfer
tutta sta roba per dirci che “Dallas ” era ‘na chiavica ?
Bene, abbiamo appurato dai nostri esperti che Steve Jobs dirige APPLE pure da morto. Lo farà per i prossimi 4anni. Zombie? Fantasma? Ah certo, certo, ha lasciato le idee, come no…. Vabbuò.
Non mi aspeto che un “bocconiano da 4 soldi” o un Guru che vuol riportarmi all’epoca dei comuni o se va bene delle Signorie, mi risolvano i problemi. Manco mi ritrovo negli ideali di Mario&Mario eppur mi tocca far quello della “calcolatrice”…Vabbuò.
Preferisco ovviamente l’odioso bocconiano al Guru internettaro, fosse solo per il calo degli interessi sul debito, cosa che comporta MILIARDI (m-i-l-i-a-r-d-i) di somme risparmiate per scuole, ospedali e servizi, non per specchi su cui arrampicarmi. Trattasi di fatti concreti e positivi, non certo robetta per sprezzanti Capitan Schettino in navigazione nella blogosfera. Sono le scuole dove vanno i vostri figli e gli ospedali dove ricoverano i vostri cari: SVEGLIA!
Chi invoca la guerra o la distruzione di un sistema non sa la tigre a cui sta tirando la coda. Soprattutto quando è evidente che non ha nessuna proposta alternativa da offrire (strano….). Pure io “attendo con curiosità anche solo un indizio”, che ci illumini sulle radiose alternative da mettere in campo. Vabbuò.
Cosa significa uscire gradualmente dal sistema a debito? Significa impoverirsi pian piano invece che bruscamente, cercando di limitare i danni e mirando a costruire uno straccio di prospettiva. Un impoverimento brusco porterebbe a diffusi disordini sociali, per usare un eufemismo.
PS: il nord non è la lega nord, così come i pomodori non sono cammelli. Giusto per chiarire le idee a chi confonde le due cose. Ah gli americani poi, da morir dal ridere….ma tu Guru hai degli amici americani? Io si e non sono certo come li categorizzi tu qui, confondendo ancora una volta i cammelli con i pomodori. Naturalmente adesso penserai che sono un paladino dei SUV, delle bombe intelligenti e degli OGM……Vabbuò.
@ Babets:
Ci sono marchi come Coca-Cola e Ferrero che fondano il loro successo sul fatto che i prodotti non vanno assolutamente modificati.
Ci sono marchi che al contrario hanno bisogno di continua innovazione.
Non si può paragonare l’Ipad con la Nutella.
Per me la Apple andrà avanti per inerzia fino a che la forza non si esaurisce.
Tra la morte di Ferrero e quella di Jobs c’è una bella differenza ai fini della continuità delle rispettive aziende.
@sakura
Non vorrei svegliarti dal tuo dolce sonno 😀 ma, i soldi che risparmi sul debito non serviranno affatto né per le scuole, né per gli ospedali, che versano in situazioni disastrose.
Hai per caso sentito di un qualche piano di risanamento?
Va tutto giù per il buco del lavandino del debito, fratello.
Io non invoco né, guerre, né distruzioni, chi ha parlato di GUERRA, sono la Merdel & Cazzosì production, mi pare.
Io, poi, non mi riferivo agli americani, ma bensì degli AMMERICANI, che è cosa ben diversa, machettelodicoafare.
In ultimo quando apostrofi qualcuno con il titolo di “schettino del blogsfera”, dimostri non aver ancora capito cosa è successo sul Concordia. Ma questa è un’altra storia.
@ guru:
cosa è successo sul Concordia che non sappiamo??
Per fortuna abbiamo un guru a sostenere che pagare il 7% sul debito pubblico sia come pagare il 4%. Stessa identica cosa, paro, paro. Uguaglio, uguaglio. No? Ma come è evidente che è uguaglio!
Schettino, non era per te sommo guru, ma per il fine Hugo de Paganis, che ha apostrofato i miei “slogans” (da povero allocco) come affermazioni da Capitan Schettino…. Vabbuò.
Vedo comunque che oltre a sedere nel cda di Apple ed a sapere con precisione dove vanno i quattrini risparmiati dagli interessi sui titoli di Stato, (meglio di quanto ne sappiano Monti e Passera ovvio), tu e Mr Hugo eravate anche sulla plancia di comando sulla Concordia, naturalmente sull’Apollo 11 per l’allunaggio (finto?) e sulla Apollo 13 per il difficoltoso rientro, in panchina con Bearzot ai mondiali di Spagna 82 e fuori a cena con Gainsbourg e la Bardot negli anni 60.
Effettivamente posso continuare a dormire tranquillo….
Claudia non so se ti seguo.
Ferrero e coca cola a loro modo innovano i prodotti, cambiano il colore delle lattine, lanciano nuovi snack, quindi non e’ vero che fondano il loro successo sul fatto che i prodotti non vadano modificati. Semmai tengono la base forte e lanciano nuovi prodotti innovativi. Pensa alla coca zero ecc ecc.
Detto questo credo che fermare un’azienda che e’ prima al mondo come capitalizzazione perche’ e’ morto il fondatore lo trovo utopistico. Certamente i nuovi manager (che non saranno degli improvvisati) faranno in modo che tutto continui con la stessa forza di prima. Sara’ una sfida ma da cio’ che vedo non penso che non ce la faranno. Anche perche’ la concorrenza non avra’ mai un nuovo steve jobs e apple non e’ una start up ma una realta’ che ha gia’ preso piede e che affascina nuovi mercati e consumatori.
Da quando e’ morto credo che l’azione sia salita del 50%.
speculazione si, ma non vedo nubi all’orizzonte per i prossimi 5 anni almeno, poi semmai una stabilizzazione.
Opinioni del tutto personali.
Ciao
@ sakura
delle Signoriemagari no, ma siamo poi così sicuri che sarebbe così male ritornare al tempo dei comuni ?
Io una teoria ce l’avrei. Se cerchi trovi 🙂
Uèàè CAPITONE-best-CRITICONE
Don’t worry: la M-E-D-I-A delle “TESTINE”
NON E’ MAI
quella che appare, che fanno apparire (effetto mode MAKE-UP-ppp-ONE!) e/o che “FIGHT WITH HIGH-MIND(-open de CHE-che-CHE?)” se e quando le “INCONTRI de VISU”.
Il PIU’ delle volte sono AUTENTICHE “DELUSIONI TOTALI”. Su “TUTTO”.
TIENILO BENE a MENTE (come na mentina in bocca!), SIEMPRE.
Ma, ma, ma!
Comunque, permetti-MI un rilievo NEI TUOI CONFRONTI:
nei ragionamenti si è sempre in preliminari e nulla è definitivo (ANDANTE o bien ADELANTE, direbbero alla CORRIDA).
SEMPRE, altrimenti si va di TARA come la bilancia.
STA’ BUONO et HASTA la BATTERIA.
@ yum-ETTO CARISSIMO
Beh, DALLAS HA-avuto-aveva-HA il Suo victim-FASHION.
It’s a pity, ma non hai compreso il filo LOGICO del POSTINO!
http://www.youtube.com/watch?v=s6VaeFCxta8
@ I CAVALIERI TROMBATI DELL’APOCALISSE DEL SIRTAKI
D-O-V-E S-I-E-T-E F-I-N-I-T-I ?-!-?
La decenza di STARE ZITTI e di NON SCRIVERE il contrario di ciò che avete BLAT-era-TO per annetti-mesi-giorni sar-EBBE d’-ORDINANZA.
MASSIMO do MINIMO!
Ma essendo dei giocolieri da circo, farete le TROTE (nù PESCE PARA-u-MANO molto IT-ALICO).
CARISSIMO ALIEN-SAN,
FANTOMAS non si è palesato. CECHIAMOLO ancora!
s-U-r-f-E-r
Sulla Concordia forse Guru intende questo:
http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=496
@sakura
Ok, paghiamo meno INTERESSI sul debito, bene, peccato che il costo della vita continui ad aumentare. Misteri.
Per il resto hai azzeccato (quasi) tutto: l’Apollo 11 è chiaramente un FAKE, il 13 era il copione per il film che poi c’hanno fatto, il mondiale dell’82 per me è finito quando abbiamo perso 3-2 con… l’Italia e al tavolo con la Bardot… effettivamente c’ero, ma Gainsbourg quella sera era rimasto a casa a fumare gouloises.
PS: Mai possuduto un prodotto APPLE 😀
Ma dai… Steve non aveva forse proposto aggiornamenti?? Ricordiamo ipad2, iPhone 3G e 3GS (che furono semplici aggiornamenti) e anche il 4s che hai citato è stato pensato quando c’era ancora Steve. Quindi di che parliamo??? È normale che sia così ora ed era normale che fosse così quando c’era Steve.
@ Sufer
Uh . Oh ho scritto Sufer. Lo lascio …lapsus freudiano.
ALORS… non è che non ho capito, è che con te a forza di sanguinare sono quasi secco .
qui una foto dell’interno del mio naso.
http://www.google.it/imgres?q=cadavere+secco+nel+deserto&hl=it&client=firefox-a&hs=FEd&sa=X&rls=org.mozilla:it:official&channel=np&biw=1024&bih=629&tbm=isch&prmd=imvns&tbnid=Hiw2pQXqK1oHOM:&imgrefurl=http://it.123rf.com/photo_6872051_closeup-colpo-di-secco-del-suolo-eroso-trama.html&docid=2NrG_4rZOP-tAM&imgurl=http://us.123rf.com/400wm/400/400/anest/anest1004/anest100400002/6872051-closeup-colpo-di-secco-del-suolo-eroso-trama.jpg&w=1200&h=801&ei=_9ZZT_XYJYGo4gTFsKSXDw&zoom=1&iact=rc&dur=675&sig=111551484860167641352&page=4&tbnh=137&tbnw=184&start=54&ndsp=20&ved=1t:429,r:12,s:54&tx=119&ty=50
sei troppo complicato ed io sto diventando terribilmente pigro. 🙂
MIO CARISSIMO ALIEN-SAN,
1- N-“O”-N “MI” “GOD”-DA
http://www.enelbloggeraward.com/?q=classifica
“IN-“fedeli DOVE SIETE FINITI?
Up-uP-up-UP e non fate i “ricci”.
2- MPS
re-MEM-ber il GIORNO DEL(la) ANNUNCIAZIONE-VESTIZIONE DEL(la) VIOLA; SEMPRE in POLE-POSITION.
Come vedi di ARCANGELI (TERRESTRI = PURI!) ce ne sono ancora: POCHI ma “CI SONO”.
PECCATO che DIANO VOCE e PENNA ai SOLITI PETTOLINI e TROTTOLINI (= IMPURI!).
—
E veni-AMO o-r-a
ai QUALUNQUISTI, ai SEMI-analfabeti, agli ANAL-fabeti, ai QUAQUERONI
(et AUTRI amig-OS di AUTRI LIDI weBBaIOLI che alloccano “SOLO” con GRAFICI POSTICCI).
La quota di PRODOTTO realizzata all’Estero da Imprese USA nel 2009 era pari a circa il 30% del PIL del Paese.
Gli occupati all’Estero delle Imprese Americane alla stessa data erano circa 33.9 milioni.
L’occupazione nel Settore Manifatturiero Statunitense ha sofferto soprattutto per la “delocalizzazione” verso la Cina, dove gli addetti nelle Imprese Americane sono aumentati “del 153% tra il 2003 e il 2008”.
La PROPOSTA OBAM-UCCI-A di adottare misure fiscali per favorire il rientro delle Imprese Americane ha suscitato reazioni contrapposte.
L’efficacia sembra dipendere soprattutto dal motivo della delocalizzazione, che negli USA sarebbe prevalentemente legato alla “necessità di superare barriere tariffarie dei Paesi Clienti”.
La proposta di riforma fiscale IPO-tizzata dall’Amministrazione Obama prevede una revisione del trattamento fiscale per incoraggiare i rimpatri delle Imprese, ed un investimento di 517 mln di dollari per favorire l’”insourcing”.
Tra le ipotesi vagliate nel pacchetto fiscale Vi sarebbe anche l’imposizione di una tassa minima sui profitti Esteri realizzati dalle Multinazionali Americane e sgravi fiscali alle Imprese che rilocalizzano.
Le Imprese Italiane residenti all’Estero sono lo 0.5% di quelle Italiane residenti nei confini Nazionali, ed occupano un numero di addetti e realizzano un fatturato pari rispettivamente all’8% ed al 14% di quelle residenti in Italia.
In media, esse risultano più grandi di quelle residenti in Italia.
Lo scarto è ampio soprattutto nell’industria, dove ai 9 addetti medi delle residenti si contrappone una dimensione media di 108 addetti delle residenti all’Estero.
All’interno del manifatturiero ad aver scelto la strada della produzione Estera sono soprattutto le Imprese della meccanica, della fabbricazione di prodotti in metallo e del tessile.
Pure se non ancora con i toni “YANKEES-A-aa-MERICANI”, il dibattito sulle conseguenze delle delocalizzazioni, in termini soprattutto di occupazione e gettito fiscale, ha cominciato a farsi largo anche in Europa, ed in alcuni Paesi le misure tese a creare condizioni favorevoli al rientro delle Multinazionali o all’attrazione di Imprese Straniere è divenuto parte integrante della Politica Industriale.
È il caso, ad esempio, dell’Austria, e in particolare della Carinzia, dove è prevista un’unica tassazione sugli utili del 25% (cosa che favorisce in particolare le aziende che operano con filiali Estere) e la possibilità di detrarre dagli utili fino al 125% dei costi di ricerca, percentuale che viene elevata fino al 135% nel caso le spese in ricerca condotte sul suolo nazionale superino la media degli ultimi tre anni.
Il Paese spera in tal modo non solo di trattenere/attrarre Imprese, ma soprattutto Imprese ad elevato valore aggiunto.
Le procedure Amministrative inoltre sono semplificate e prevedono per le Imprese Straniere che intendano usufruire dei vantaggi offerti il contatto con un unico Ente nella Lingua del Paese di provenienza.
TUTTO PARTE DA QUI, COMUNQUE!
— “We need to make it easier for American businesses to do business here in America” —
Cavalcando lo slogan “dobbiamo rendere più facile alle Nostre Imprese far affari QUI in America”(1) il Presidente degli Stati Uniti ha RI-proposto con forza, e per il SECONDO ANNO CONSECUTIVO (“chi dorme, non piglia pesci”; nei Lidi Italici, pensano alle TROTE PARA-u-MANE, dimentic-AVO!), il tema della RI-localizzazione, ossia la creazione di condizioni favorevoli affinché Imprese Nazionali che hanno portato parte della Loro attività produttiva all’Estero decidano di RI-portarla all’interno dei confini Nazionali.
Obama, in particolare, ha fatto riferimento al caso di un noto Marchio Statunitense che nell’ULTIMO ANNO ha riportato in patria, a Milwaukee, lo stesso posto dove era stata fondata nel 1921, 100 posti di lavoro precedentemente delocalizzati in Cina.
Il tema è destinato a svolgere un “ruolo fondamentale” tra i temi proposti dai canditati alle prossime elezioni presidenziali.
Il tema della perdita di posti di lavoro, soprattutto nel comparto manifatturiero, è oggi molto sentito negli Stati Uniti: nei dieci anni fino al 2010 circa 5 milioni di posti di lavoro sono andati persi nel settore, parte dei quali dovuti a delocalizzazioni produttive nei Paesi a basso costo del lavoro; di questi, nell’ultimo biennio, ne sono stati recuperati circa 334mila, ma per la maggior parte si tratta di nuove assunzioni fatte per aumento della domanda, non di rilocalizzazioni.
Secondo ALCUNI, le rilocalizzazioni (in gran parte di Imprese attive in Paesi avanzati, come il Regno Unito) hanno inoltre posto condizioni “peggiorative” alla manodopera Statunitense, una volta rientrate(2).
Secondo i dati più recenti (2009) la quota di prodotto realizzata all’Estero sarebbe pari a circa il 28% del PIL Statunitense (3.593 miliardi di dollari).
Nei dieci anni terminati nel 2009 il valore aggiunto in dollari correnti delle sussidiarie e delle affiliate Estere(3) Americane è cresciuto ad un ritmo annuo del 3.1%, in rallentamento rispetto al 6.6% medio annuo del decennio precedente.
Le Imprese Estere Americane alla stessa data occupavano circa 33.9 milioni di Persone (nel 1989 erano 24.8 milioni gli occupati nelle Imprese Estere Americane)[4].
L’occupazione nel Settore Manifatturiero Statunitense ha sofferto soprattutto per la delocalizzazione verso i “Paesi Asiatici” (che oggi impiegano circa un terzo degli occupati Esteri nelle Imprese Statunitensi)[5] e in particolare in Cina, dove gli addetti nelle Imprese Americane sono aumentati del 153% tra il 2003 ed il 2008.
La Cina, che ha gradualmente allentato le restrizioni all’operatività delle Imprese Estere a partire dal 2001 (a seguito dell’ingresso nel WTO), nel 2009 ha superato il Canada e il Regno Unito ed è divenuta (insieme alla Germania) il principale Paese “per quota del valore aggiunto Estero realizzato dalle Imprese Americane (9.7% nel 2009)”[6].
La proposta di riforma fiscale avanzata dall’Amministrazione Obama prevede una revisione del trattamento fiscale per incoraggiare i reimpatri delle Imprese, ed un investimento di 517 milioni di dollari (da gestire a cura del Dipartimento per il Commercio Internazionale) per favorire l’insourcing.
Tra le ipotesi vagliate nel pacchetto fiscale Vi sarebbe inoltre l’imposizione di una tassa minima sui profitti Esteri realizzati dalle Multinazionali Americane e sgravi fiscali alle Imprese che RI-localizzano, investono in high-tech e creano nuovi prodotti negli Stati Uniti.
L’efficacia di misure fiscali sembra dipendere soprattutto dal motivo della delocalizzazione: negli Stati Uniti ad esempio sembra dimostrato che il basso costo del lavoro rappresenta SOLO una delle componenti nella decisione, e NON la più rilevante, che sarebbe invece “quella di cercare di superare barriere tariffarie imposte dai Paesi clienti”(7).
A conferma di questa ipotesi Vi sono due elementi:
– in primo luogo il fatto che la maggior parte delle affiliate Estere Usa è ancora oggi localizzata in Paesi ad elevato reddito, dove viene realizzato il 73% del valore prodotto dall’insieme delle affiliate Estere, una percentuale comunque in flessione (del 10% circa rispetto al 1999);
– in secondo luogo, una parte consistente della produzione realizzata dalle Multinazionali Americane viene consumata nei Mercati Locali od esportata nei Paesi vicini, non negli Stati Uniti.
Nel 2009 il 91% circa delle vendite delle affiliate Estere era diretta a clienti non Statunitensi, ma il dato presenta un’ampia variabilità a seconda del Paese di localizzazione dell’Impresa: le vendite dalle filiali Usa Canadesi e Messicane agli Stati Uniti rappresentano il 19% ed il 18% rispettivamente, quelle delle filiali Asiatiche il 7.3%, mentre quelle delle filiali localizzate in Irlanda il 17%.
Il tema della RI-localizzazione rileva anche per questioni di natura fiscale, oltre che occupazionali.
Negli Stati Uniti molte Imprese delocalizzano la produzione per sfruttare vantaggi di natura fiscale offerti da alcuni Paesi: è il caso soprattutto dell’Irlanda, che applica una aliquota sui profitti aziendali del 12.5%, di gran lunga la più bassa tra i Paesi Ocse, la cui media è pari al 27%.
Uno studio dell’OCSE del 2008 ha dimostrato l’importanza dell’incentivo fiscale nel favorire le rilocalizzazioni, o semplicemente nell’attrarre investimenti dall’Estero: in particolare si è osservato come la riduzione di un punto percentuale di tassazione sui profitti d’Impresa determini una crescita degli IDE del 3% circa.
—
(1) PER GLI ESULI DI QUELLA NOCE: “We need to make it easier for American businesses to do business here in America”, State of the Union Addresses, 24 Gennaio 2012 – http://www.whitehouse.gov/photos-and-video/video/2012/01/25/2012-state-union-address-enhanced-version#transcript – http://temi.repubblica.it/limes/dizionario-del-presidente/31620.
(2) La S-T-A-M-P-A Statunitense, in particolare, ha citato il caso di un’impresa leader nella produzione di macchinari, che dopo aver chiuso un impianto a Londra (dove il salario medio era pari a 35 dollari l’ora) ne ha aperto uno negli Stati Uniti offrendo ai dipendenti un salario medio di 12-18.5 dollari l’ora.
(3) Per affiliate Estere si intendono SOLO “quelle di cui le Multinazionali Americane detengono la maggioranza”.
(4) K.B. Barefoot et R.J. Mataloni Jr, Operations of US Multinational Companies in the United States and Abrod. Preliminary results from the 2009 Benchmark Survey, US Bureau of Economic Analysis, Novembre 2011.
(5) Non-partisan Congressional Research Service, “Outsourcing and insourcing jobs in the U.S. Economy: evidence based on Foreign Investment data”, CRS Report for Congress, 2010.
(6) Cfr nota 4.
(7) Cfr nota 5.
P.s: seguirà LATER aggiornato sul SIRTAKI GRECO: SEMPRE e SOLO per le TROMBETTE (sempre più stonate) dei CAVALIERI DELL’APOCALISSE!
s-U-r-f-E-r
La differenza che vedo tra la ri-localizzazione statunitense, i modelli seguiti da altri paesi europei e l’Italia è che nel nostro paese abbondano le barriere all’innovazione aziendale e di mercato.
La ricerca (fissata se non sbaglio dal Trattato di Lisbona al 3% del PIL, come ricerca pubblica) latita per due motivi: mancanza di sinergie tra distretti, comparti e aziende, e mancanza di sinergia tra mondo del lavoro, universitá e fiscalitá.
Un altro esempio: le universitá preparano (anche bene) una forza lavoro che sul nostro tessuto aziendale non é richesta. In egual modo le aziende cercano personale qualificato che non trova un corrispettivo nella preparazione scolastica/universitaria.
Se non si parte da qui, hai voglia a rilocalizzare.
In piú (parlo senza dati alla mano) le aziende italiane che delocalizzano, a differenza di quelle statunitensi come riportato da Surfer, lo fanno principalmente in quei paesi dove ci si avvantaggia di un costo del lavoro (e dell’energia) piú basso.
Voci di corridoio narrano di aziende ceramiche smontate, caricate su conteiner e riassemblate in Marocco. Non credo che il Marocco sia il nuovo boom della piastrella…
Riguardo all’innovazione di mercato: perché BMW sposta una parte del reparto ricerca sull’e-mobility in Cina? (non tutto, hanno capito di dover tenere il core a casa propria) Perché in Cina si preparano cittá intere alla mobilitá elettrica, quindi perché non spostare certi centri dove si svilupperá a breve il mercato?
Saluti a tutti e buon fine settimana
@ Surfer
Interessantissimo il commento/post.
Se si cerca di fare rientrare le imprese delocalizzate (per motivi occupazionali e anche fiscali), credo però che le imprese vogliano qualcosa in cambio.
Il motivo per cui delocalizzano è il risparmio sul costo del lavoro e tasse……….quindi per rientrare in patria vorranno un costo del lavoro più basso e meno tasse.
Le varie riforme del lavoro (italia, spagna, grecia, etc. etc.), a mio parere, saranno costrette ad andare di pari passo con questa politica di rientro delle imprese. Altrimenti che rientrano a fare ?rientrano per avere più costi del personale e più tasse?
“Altrimenti che rientrano a fare ?rientrano per avere più costi del personale e più tasse?”
Dobbiamo farne nascere di nuove, visto che le idee ci sono.
Far tornare aziende che hanno delocalizzato per i costi della manodopera, non é una politica di lungo periodo efficace.
Opinione mia ovviamente.
per Platinum Surfer:
http://it.notizie.yahoo.com/addio-al-disegnatore-moebius.html?nc
ci sono giorni, come oggi, in cui penso che un ticket ve lo meritereste.
Poi mi passa…:-D
Al POSTINO precedente MANCAVANO:
1-(*)
Primi 10 Paesi per quota del valore aggiunto
realizzato dalle Imprese Americane residenti
all’Estero – (%)
GERMANIA 9.7
CINA 9.7
REGNO UNITO 9
CANADA 8.4
FRANCIA 5.5
SINGAPORE 5
IRLANDA 4.9
MESSICO 4.5
GIAPPONE 3.7
ITALIA 3.2
2-(*)
Principali Paesi destinatari del prodotto realizzato all’Estero da Imprese Americane – (composizione percentuale)
EUROPA 48.3
ASIA e PACIFICO 21.7
AMERICA LATINA 10.5
USA 8.9
CANADA 8.3
AFRICA 1.4
MEDIO ORIENTE 0.9
(*) FONTE(-rielaborata): K.B. Barefoot et R.J. Mataloni Jr, Operations of US Multinational Companies in the United States and Abrod. Preliminary results from the 2009 Benchmark Survey, US Bureau of Economic Analysis, Novembre 2011.
—
ANDIAMO ora sul “PANIC-target-ITALICO”, sulla scia dei rilievi-ammicca-MENTI dei validi-CARO/A RANT-GNU, sar-ETTA e-t dell’IMMENSO-CONFERMA-“O” BORTOLUSSI (ieri sera dal PARA con due interventi “secchi” ha fatto capire ai SIGNORI ed alle SIGNORE delle SEDIE
-[stra-MITICO-ALIEN-SAN, la QUALITA’ CONDENSATA IN 1-“007” PAROLE; “copyright”: L’ALIENO DEL DONDOLO DEGLI ANI]-
à partita do giro. L’ISOLA DI PASQUA ERA LI’-LA’, CON I MONOLITI ANNESSI, natural-MENTE).
In Italia il “dibattito sulla DE-localizzazione” NON ha ancora lo “stesso rilievo” che ha negli Stati Uniti (I SOLITI SOLONI PATACCARI ITALO-GNE-GNE ed i LORO AMIGOS DE PENNEs e DE CANTOs, QUAQUEREGGIANO “SOLTANTO SUL TERRICCIO”!), anche perché il fenomeno è “relativamente più recente”, ma il peso che le Imprese Multinazionali di origine Italiana “stanno guadagnando è NOTEVOLE”.
Secondo gli ultimi dati ISTAT[1] (UNA FRECCIA AL CUORE DI ALIEN-SAN!), nel 2009 erano 21.263 le “Imprese a controllo Nazionale residenti
all’Estero”, pari a circa lo 0.5% del totale delle Imprese Italiane attive nello stesso periodo dentro i confini Nazionali, ed il 19% in meno rispetto a quelle Straniere in Italia.
Il numero complessivo di addetti occupati in tali Imprese era pari a 1.5 milioni circa, un valore superiore a quello degli addetti Italiani nelle Imprese Straniere (1.2 milioni) e pari all’8% del totale degli addetti nelle Imprese residenti in Italia.
Tra le Imprese residenti all’Estero sono circa 7mila quelle attive nel comparto Industriale (di cui 6.565 nella SOLA manifattura) che nel complesso DANNO LAVORO a 711.765 addetti, un numero che ORMAI si avvicina al 30% degli addetti delle Imprese manifatturiere esportatrici Italiane residenti in Italia.
La dimensione MEDIA delle Imprese non residenti è in generale MOLTO più ampia delle residenti, per le PRIME nel 2009 il numero medio di addetti era pari a 64, contro il 3.9 delle SECONDE (come dire che in Italia operano le MICRO-IMPRESE Italiane ed all’Estero operano le MEDIE-IMPRESE).
Lo scarto è AMPIO “SOPRATTUTTO” nell’Industria, dove ai 9 addetti medi delle residenti si contrappone una dimensione media di 108 addetti delle residenti all’Estero.
A)
Le Imprese manifatturiere a controllo Italiano operanti all’Estero per settore – (composizione percentuale)
MACCHINARI 18.9
METALLI E PRODOTTI IN METALLO 12.3
TESSILE ED ABBIGLIAMENTO 10.5
ELETTRONICA 9.8
GOMMA E MATERIE PLASTICHE 8.1
LEGNO 7.8
MINERALI NON METALLIFERI 6.5
CHIMICA 6.1
ALIMENTARE 5.1
FARMACEUTICA 4.3
MEZZI DI TRASPORTO 3.7
PELLI 3.5
ALTRE INDUSTRIE MANIFATTURIERE 3.1
COKE 0.2
All’interno del comparto manifatturiero ad aver scelto la strada della produzione Estera sono soprattutto le Imprese della meccanica (19% circa del totale), seguite da quelle attive nella produzione di prodotti in metallo (12.3%) e del tessile ed abbigliamento (10.5%).
Tra i settori MENO rappresentati all’Estero, oltre al coke e raffinerie compaiono il cuoio, le altre Industrie manifatturiere e dei mezzi di trasporto.
In termini di addetti impiegati il PRIMATO nella presenza all’Estero spetta ANCORA UNA VOLTA al comparto dei macchinari (123mila unità, pari al 17% del totale manifatturiero), seguito dal tessile (13.4%) e dai mezzi di trasporto.
A queste ultime spetta il primato in termini di dimensione media: oltre 350 addetti, dimensione che “configura di fatto una grande impresa”.
Il maggiore scarto in termini di dimensione media degli addetti nel manifatturiero si osserva nell’alimentare, nel tessile e nella produzione di mezzi di trasporto: per questi tre settori la dimensione prevalente al di fuori dei confini Nazionali è pari rispettivamente a 20, 14 e 4.5 volte quella prevalente all’Interno.
Nel 2009 il fatturato realizzato dalle Imprese Italiane all’Estero è stato pari a 378 miliardi di Euro, circa il 14% di quello realizzato dalle residenti.
La localizzazione delle Imprese Italiane risulta piuttosto “concentrata”: i primi dieci Paesi di destinazione ne ospitano il 61% del totale, i primi tre (Romania, Stati Uniti e Cina) il 33% circa.
La Romania in particolare ospita il 18% delle Imprese Industriali Italiane all’Estero, seguita a distanza dalla Francia (7.4%) e dalla Cina (6.2%).
La Cina balza al secondo posto (sempre nel comparto industriale) se si guarda al numero di addetti, pari all’8.1%, un valore simile a quello del Brasile (secondo, con una quota dell’8.2%) e poco distante da quello della Romania (11% circa).
Le Imprese presenti in Romania sono inoltre le più piccole (63 addetti in media), mentre a risaltare è la dimensione di quelle presenti in Brasile (307 Imprese con una dimensione media di 225 addetti), seguito dalla Polonia (132 addetti in media nelle 332 Imprese presenti) e dalla Cina, che ospita 537 imprese (ognuna con in media 128 addetti).
B)
Dimensione media prevalente nelle Imprese Italiane residenti in Italia ed all’Estero – (numero di addetti)
IMPRESE ITALIANE ALL’ESTERO – (SETTORE) – IMPRESE ITALIANE IN ITALIA
MEDIA – (Attività manifatturiere) – MICRO
MEDIA – (Industrie alimentari) – MICRO
MEDIA – (Industrie tessili) – MICRO
MEDIA – (Fabbricazione di articoli in pelle e simili) – MICRO
MEDIA – (Stampa e riproduzione di supporti registrati) – PICCOLA
MEDIA – (coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio) – PICCOLA
PICCOLA – (Fabbricazione di prodotti chimici) – PICCOLA
MEDIA – (Fabbricazione di prodotti farmaceutici) – MEDIA
MEDIA – (Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche) – PICCOLA
MEDIA – (Fabbricazione di minerali non metalliferi) – MICRO
MEDIA – (Metallurgia) – PICCOLA
MEDIA – (Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca) – PICCOLA
MEDIA – (Elettronica) – PICCOLA
GRANDE – (Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) – MEDIA
MEDIA – (Fabbricazione di mobili) – MICRO
MEDIA – (Altre industrie manifatturiere) – MICRO
C)
Dimensione media delle Imprese Italiane residenti all’Estero per Paese – (numero di addetti)
BRASILE 225.1
FEDERAZIONE RUSSA 167.7
POLONIA 132.4
CINA 128.5
GERMANIA 115.3
REGNO UNITO 97.2
USA 94
FRANCIA 85.8
SPAGNA 73.2
ROMANIA 63.5
L’analisi del costo del lavoro per Paese di LO-calizzazione mostra un’ampia variabilità:
– il valore PIU’ BASSO si registra in Cina dove il costo del lavoro per addetto è pari a 4.100 Euro l’anno, seguita dall’India (4.600 Euro) dalla Romania (6.100 Euro) e dal Messico
(6.600 Euro).
Valori decisamente
– più elevati si registrano nei Paesi della UE-27: in questo caso si va dagli 11.900 Euro della Polonia ai 44.400 della Spagna fino ai 53.300 Euro della Francia, Paese che supera anche gli Stati Uniti (50.300 Euro).
ANCHE per le Multinazionali Italiane il MINORE COSTO DEL LAVORO NON è elencato tra i “principali fattori che spingono alla DE-localizzazione”, tra questi compaiono invece
– “l’accesso a nuovi mercati”
e
– la “disponibilità di servizi in loco per i Clienti, la logistica e la distribuzione”
e, SOLO in terza posizione,
– il costo del lavoro;
quest’ultimo viene indicato come un “effetto positivo della presenza diretta all’Estero sulle performance delle Multinazionali Italiane dal 42.1% delle Imprese Industriali e dal 30.5% di quelle dei servizi.
Le Imprese multinazionali Italiane NON sembrano intenzionate a rallentare la Loro propensione all’espansione all’Estero; secondo l’indagine condotta dall’Istat a fine 2011 oltre il 39% delle Imprese dei servizi ed il 30% di quelle Industriali di GRANDI dimensioni dichiaravano di “aver progettato o già realizzato nuovi investimenti di controllo Estero”.
La percentuale scende, ma rimane consistente (intorno al 16-18%), tra le Multinazionali di MEDIA dimensione, mentre tra le PICCOLE una su dieci attiva nel comparto industriale dichiara di avere in programma ulteriori ampliamenti delle attività Estere.
Nella maggior parte dei casi i nuovi investimenti prevedono nuove attività produttive.
L’età MEDIA delle Imprese in ITALIA è di “18 anni”, nel MONDO di “24 anni”(2).
Le Imprese, pur se abituate sin dalla nascita alla sfida, al confronto, al cambiamento, sono ISTITUZIONI dotate di una BASSISSIMA CAPACITA’ di SOPRAVVIVENZA.
FORTI nel BREVE PERIODO, quanto FRAGILI nel MEDIO, pur adottando TUTTE le tecniche manageriali più avanzate e pur ricercando CONTINUAMENTE la MASSIMA produttività, redditività, crescita, NON sembrano essere in grado di resistere a LUNGO nell’ambiente (ULTRA’-)competitivo.
A proposito dell’APPLE-“ONE-STEVE-JOB” (il ragionamento potrebbe essere esteso per TUTTE le UP-BIggER!)
-[le mega lenzuolate sono servite per spiegare la GENESI DEL VERBO: spero che ora anche il CARISSIMO yum-ETTO abbia capito quel POSTINO SECCO]-
finora Ci si è interrogati sulle TECNICHE e sui MODELLI (GESTIONALI) più funzionali per/ad accrescere la capacità di creare valore(-SU-valore) della Impresa.
Ora è arrivato il momento di chiederCi se il problema NON sia da ricercarsi proprio nella spinta e nella pulsione, FORSE ECCESSIVA, alla (SUA) creazione di valore.
Come ebbe a scrivere il CARISSIMO ed EMERITO PROFF. MARCO VITALE su il CORSERA(3) in seguito alla CRISI PARMALAT:
“Ma questo non è capitalismo. E’ gioco d’azzardo, è Casino Capitalism. Alla base di certi comportamenti perversi Vi è una deleteria concezione dell’Impresa e dell’Economia Imprenditoriale, la cosiddetta TEORIA DELLA CREAZIONE DI VALORE per gli AZIONISTI, fatta propria dalle GRANDI BANCHE D’INVESTIMENTO”.
Non una risposta diversa alla solita domanda quindi, ma una domanda diversa con una risposta TUTTA DA COSTRUIRE.
—
(1) Si veda Istat: Struttura, performance e nuovi investimenti delle multinazionali italiane all’estero, Roma, 16 Dicembre 2011 – http://www.istat.it/it/archivio/48254.
(2) Secondo altre stime (più recenti ed allarmistiche) la VITA MEDIA delle Aziende pare essere scesa a 12 anni. Consiglio le letture-visioni del MASSIMO LUMINARE “Chris Zook” ( … “If you do not know yourself, it is difficult to judge what you should become. If you do not know where you are, it is difficult to decide where to go and how. If you do not know what you are really good at, it is tough to know what to do” … ) ed in particolare di “Unstoppable: Finding Hidden Assets to Renew the Core and Fuel Profitable Growth, Harvard Business Review Press, 2007 (in Italia: “Le inarrestabili. Scoprire gli asset nascosti per incrementare la crescita delle imprese, Etas, 2007”).
(3) I vizi di un capitalismo senza rete di controlli, CORRIERE DELLA SERA, 2 GENNAIO 2004, Pag. 6 – http://archiviostorico.corriere.it/2004/gennaio/02/vizi_capitalismo_senza_rete_controlli_co_9_040102104.shtml.
s-U-r-f-E-r
E’ tutto molto interessante e encomiabile da parte di tutti voi l’interesse a la capacità d’analisi che dimostrate.
Ma… a vedere Dell’Utri che tira al 2014, i CDS che …dai si scherzava, suvvia , i sistemi di trading automatici, ed il mercato drogato….non vi prende un po’ di sconforto?
Non stiamo perdendo del gran tempo?
Dell’Utri proprio non mi va giù.
E i giudici compagni di merende discepoli di Carnevale.
Vogliono la sicurezza di un processo imparziale e allora rimandano il tutto a Palermo.
Non si potrebbe fare a Colonia, Dusseldorf, Berlino? Sarebbe interessante non credete?
In molti hanno fatto le tue stesse considerazioni, ma secondo me l’iPad andrebbe visto sotto un altro punto di vista.
L’innovazione dirompente lato hardware è stata la sua introduzione, da lì in avanti ci sono solo miglioramenti perché a mio avviso le rivoluzioni non sono necessarie. La linea del management apple mi sembra chiara ed è stata sottolineata più volte da Cook durante la presentazione.
Si considerano pionieri dell’era post-pc e hanno capito che il fulcro si gioca sul software. Pian piano stanno portando sempre più software house sull’iPad, che, grazie alla base in continua espansione, è un businness in crescita. Se lato app riuscissero a colmare il gap con i pc (e secondo me ci stanno lentamente riuscendo), si ritroverebbero a sostituire Microsoft nella posizione di monopolio.
Android al momento non è una minaccia, perché pur essendoci ottimi terminali lato hardware, la qualità delle app è nettamente inferiore e ne inficia l’esperienza d’uso (lo dico da possessore insoddisfatto di un Samsung Galaxy S2).Windows 8 è ancora troppo indietro, ma è l’unico vero concorrente che si profila all’orizzonte.
Tornando al nuovo iPad, la parte che ho trovato più interessante è stata la presentazione di iPhoto che mi ha fatto capire quanto detto sopra.